Il sistema idrico dei monti pisani

Il Monte pisano, per la sua natura geologica è delimitato dal Serchio e dall’Arno, costituendo un bacino idrografico a sè stante la cui risorsa principale è essenzialmente costituta dalle piogge. La prima caratteristica è quella per cui la quantità di pioggia del versante lucchese risulta costantemente superiore a quella del versante pisano del monte. A parte l’andamento ciclico dei valori registrati a un valore medio di 1032 mm. della piovosità del versante pisano, fa riscontro un valore di 1327 mm. del versante lucchese (contro una media nazionale di 970 mm e una media mondiale di 820 mm). Stabilito inoltre anche un grado di permeabilità del Monte Pisano, si comprende che la sua caratteristica idrica è dovuta anche alla sua formazione geologica, in quanto la maggior parte delle acque piovane perdono rapidamente di quota per acclivi naturali che, con spiccata torrenzialità ma con portate molto esigue, sboccano nelle pianure sottostanti. Esteso è da considerare il fenomeno delle infiltrazioni e, per conseguenza, delle sorgenti naturali. Le acque sorgive hanno portata esigua in genere, e molto variabile nell’anno, a causa dello scarso volume di regolazione costituito da detriti, ed una durezza molto bassa, per via della natura delle rocce attraversate. Fra le numerosi sorgenti di tale tipo, alcune assicurano una portata degna di utilizzazione e note da tempi antichi, tanto che in taluni casi ne sono testimonianza su versanti opposti i due antichi acquedotti: quello Mediceo che da Asciano porta l’acqua a Pisa e quello di Maria Luisa (acquedotto Nottolini) che dalla valle di San Quirico arriva a Lucca.
Non meno interessanti sono le acque termali, riscaldate per effetto geotermico, e utilizzate fino dall’antichità in bagni, fanghi e irrigazioni.

Si ricordano:

– Sorgenti di San Giuliano Terme

– Sorgente di levante: a quota 8 m s. m. – tra 42° e 33,5 ° – portata 150 l/s

– Sorgente di Caldaccoli: 21,5° – quota 8 m.s.m.

– Sorgenti di ponente: quota 8 m.s.m. – tra 39,5° e 27° – portata 12 l/s

– Bagnetto dello sprofondo: quota 8 m. s. m. – tra 27,5° – 20° Monte Castellare

– Sorgenti di Agnano, ai piedi del Campaccio:

– Sorgente di Vicascio: quota 20 m. s. m. – tra 21,5° e 24° – portata 0,024 l/s

– Sorgente Acqua di Agnano: tra 21,5° e 25°

– Sorgente di Bagnetto: quota 20 m. s. m. – 24,5° – portata 1 – 2 l/s

– Sorgenti bicarbonato – solfato – alcalino-terrose di Uliveto Terme:

– Bagno antico di Noce: quota 9 m.s.m. – 30°

– Bagno cave Uliveto: acqua calda 25° – acqua fredda 22°

Premesso che i deflussi superficiali del Monte raggiungono in pianura terreno poco permeabili, con tendenza all’impaludamento, specie nelle stagioni piovose, i corsi d’acqua delineano il perimetro del Monte Pisano anche più esattamente delle vie di comunicazione, così come un tempo, erano quasi tutti percorribili con i cosiddetti “barchetti”.
Si può cominciare dall’Arno dal ponte di Vicopisano, non solo perché Vicopisano nel passato fu un nodo fluviale di grande importanza, ma perché il ponte si affianca ad una grande opera idraulica – la botte di San Giovanni alla Vena. Per un breve tratto, per circa otto chilometri, da San Giovanni alla Vena fino a Caprona, cioè fino alla confluenza dello Zambra, il corso sinuoso dell’Arno delimita il versante meridionale del nostro acrocoro, forse nel suo tratto più caratteristico.
Interessante è semmai considerare come nei millenni, l’Arno raggiunta la Pianura Pisana, invece di defluire in mare seguendo un tracciato il più breve e lineare, si sia spinto sempre più verso le pendici del Monte Pisano. Una spiegazione la si ha dall’azione di colmata del medesimo fiume, per cui anche in epoca storica, ha imposto al suo corso numerose varianti almeno fino a quando non è stato arginato. Malgrado l’arginatura ancora oggi non pochi sono i problemi che impone, per impedirgli straripamenti ed alluvioni col ricorso ad imponenti opere idrauliche come, ultima in ordine di tempo, lo scolmatore.
Da Caprona il periplo fluviale seguita col Fiume Morte, già Serchio morto, in quanto un tempo era alimentato dalle ben più importanti acque del Serchio. All’inizio ha le dimensioni di un piccolo fosso, con i nomi di Fosso Vicinaia e poi Fosso Maltraverso, ma è nel suo corso verso il mare che, raccogliendo anche le acque che scendono dal versante meridionale del Monte Pisano, assume la fisionomia di canale e poi di fiume. Così, dopo il primo robusto e antico ponte in pietra verrucana che collega la strada provinciale di Pisa con la Gabella di Calci, e altri due ponti per altre strade secondarie (Tra Agnano e Mezzana e lungo l’acquedotto granducale di Asciano) è in località Figuretta, sulla S.S. n:12 “Abetone-Brennero” che il Fiume Morto, senza ricorrere all’artificio di una botte, sottopassa l’antico Canale Macinante. Una combinazione idraulica meritevole di attenzione, in quanto sia pure in dimensioni modeste, si tratta pur sempre di un incrocio di due corsi d’acqua. Il Perimetro fluviale del Monte Pisano prosegue, infatti col Canale Macinante che a la Figuretta giunge dopo un lungo tragitto percorso in parallelo con la sponda sinistra del Serchio, con la vecchia Strada Statale n:12 “Abetone-Brennero” e con la ferrovia Pisa-Lucca, costeggiando fino da Ripafratta le ultime pendici nord-occidentali del Monte Pisano. Perché è qui che il canale ha la sua presa dalle acque del Serchio, addirittura mediante un sottopasso del canale Ozzeri, che proveniente dalla Lucchesia, finisce nel Serchio all’altezza di Rigoli. E’ di qui che il Canale macinante, dopo essere passato nei pressi di Rigoli e di San Giuliano Terme, azionando un tempo numerosi mulini (da cui ne ha preso il nome) giunge ancora oggi a Pisa al “Porto alle Gondole”, per poi finire in Arno, all’altezza di Borgo San Marco.

Si tratta comunque di un canale antico, almeno nel tratto San Giuliano-Pisa, in quanto i nostri antenati se ne servivano per il trasporto delle merci. Già in epoca romana era per questo canale che veniva trasportata in Pisa la pietra, o i marmi delle cave di San Giuliano, per i grandi edifici pubblici. Quella pietra che, per i vari rami del delta dell’Arno veniva trasportata fino al Porto Pisano, e di qui a Roma. Un percorso infatti che in seguito venne prolungato sino a Livorno, mediante il “canale dei navicelli”. Fu nel 1568 che il duca Cosimo I consentì l’attuazione del progetto di Lorenzo degli Albizzi, il quale riprendendo una intenzione a suo tempo formulata da Lorenzo il Magnifico, prolungò fino a Ripafratta il canale già esistente tra Pisa e San Giuliano Terme. E’ da allora che ha preso la denominazione attuale di, “Canale macinante”, non solo perché con le sue acque poterono essere azionati numerosi mulini, ma forse perché la sua prima funzione fu proprio quella di azionare il mulino che già Lorenzo il Magnifico aveva acquistato a Ripafratta, subito dentro il territorio della Signoria Fiorentina.

Raggiunta Ripafratta il periplo fluviale del Monte Pisano prosegue risalendo più che il corso del Serchio, quell’Ozzeri, un canale artificiale che già da Montuolo cioè in territorio lucchese, si affianca al fiume, per confluirvi a Rigoli. Canale che prima di Montuolo, per un tracciato più aderente alle pendici del Monte Pisano, raccoglie le acque di un certo numero di rii che calano dalle Pizzorne e dallo stesso Monte Pisano insieme ad una parte delle acque residue dell’alveo del Lago di Bientina. L’Ozzeri poco dopo Pontetetto, seguendo un orientamento del tutto opposto questa volta verso oriente, prende il nome di Rogio, e raccogliendo ancora le acque che provengono dalle Pizzorne e dal Monte Pisano le convoglia nell’Emissario, che le trasporta direttamente al mare insieme alle residue acque del Lago di Bientina. L’eccezionalità di questo lungo canale dai due nomi – Ozzeri e Rogio – sta dunque nel fatto che, per contribuire a scolmare le acque che vengono a raccogliersi nell’antico alveo del Lago di Bientina nella stagione delle piogge, incanala le acque in due sensi opposti: da una parte (verso occidente) nel Serchio, dall’altra parte (verso oriente) nell’Emissario. Ciò significa che il canale ha una pendenza divergente, e in effetti c’è un punto nel quale le acque del canale si separano discendendo per le due diverse displuviali: il punto dove si determina la duplice funzione viene indicato al “ponte delle fontane” tra Pontetto e Verciano. Nel tracciato settentrionale ed orientale il canale Rogio prosegue, quindi il perimetro del Monte Pisano, ricevendo le acque di numerosi “fossi”, fin tanto che dopo l’antica “baracca Nanni” oggi trasformata in efficiente trattoria, sfocia nell’Emissario che, fino all’altezza di Vicopisano (e quindi per tutto il versante orientale del Monte) ricalca il più antico Canale Imperiale da cui infine si distacca per sottopassare l’Arno alla “Botte“, cioè da dove abbiamo iniziato a tracciare questo periplo.